di Dream Theater
http://intermarketandmore.investireoggi.it/focus-la-fiscalita-degli-etf-660.html
Spesso e volentieri mi capita di parlare con persone che giornalmente operano con gli ETF ma che poi, quando vendono in utile, si trovano delle brutte o , se preferite, strane sorprese in ambito di capital gain.
Credo sia cosa gradita ai lettori di questo mio quaderno di appunti, fare un po’ di luce su questa problematica. Penso possa servire a voi ma anche a me, visto che non è proprio semplicissimo. Ecco quindi come funziona la faccenda. Prendendo spunto dal sito www.borsaitalia.it , un prezioso contenitore di informazioni, ho estrapolato queste nozioni.
Tanto per cominciare, gli ETF possono maturare sia redditi “diversi” che redditi “di capitale“. I guadagni/perdite dovuti alla negoziazione di azioni si definiscono REDDITI DIVERSI (alias “plusvalenze” / “minusvalenze”). I dividendi staccati dalle azioni stesse invece sono classificati all’interno dei REDDITI DI CAPITALE.
La normativa fiscale consente di compensare REDDITI DIVERSI con REDDITI DIVERSI (alias di compensare le “plusvalenze” appena realizzate con eventuali “minusvalenze” pregresse), mentre non consente di compensare REDDITI DIVERSI con REDDITI DI CAPITALE. Gli ETF, cosiddetti “armonizzati”, tipo quelli quotati a PiazzAffari, sono equiparati a livello regolamentare e fiscale non alle azioni ma ai Fondi e alle Sicav: i redditi conseguenti dalla negoziazione di ETF non vengono di conseguenza classificati semplicemente come REDDITI DIVERSI, ma sono divisi in due componenti.
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La prima componente, che la normativa fiscale ha inquadrato come REDDITO DI CAPITALE, è calcolata come differenza tra il NAV del giorno di vendita e il NAV del giorno di acquisto. Se il regime fiscale prescelto dall’investitore è quello del risparmio amministrato a questa differenza, se positiva, si applica la consueta aliquota sostitutiva del 12,5% che vale a titolo d’imposta.
- La seconda componente è dovuta al fatto che i prezzi a cui l’investitore acquista/vende sul mercato le quote dell’ETF sono generalmente diverse dal NAV. Questo avviene perché il prezzo di mercato “dei replicanti” riflette il valore corrente delle azioni che lo compongono mentre il NAV è calcolato generalmente sui prezzi di chiusura.
Questa seconda componente, che la normativa fiscale ha definito come REDDITI DIVERSI, si calcola nel seguente modo:
Prezzo Vendita dell’ETF-Prezzo Acquisto dell’ETF)-(NAV giorno di Vendita-NAV giorno di Acquisto).
Anche a questa seconda componente, se positiva, si applica l’aliquota del 12,5% che vale a titolo d’imposta. Se la differenza tra i NAV è superiore alla differenza dei prezzi l’investitore accumula minusvalenze anche in corrispondenza di un delta prezzi positivo. Come detto la normativa non consente di compensare REDDITI DIVERSI con REDDITI DI CAPITALE, e quindi non consente di compensare le perdite (minusvalenze) pregresse su azioni con i REDDITI DI CAPITALE (prima componente) appena realizzati con gli ETF. Consente invece di compensare le perdite (minusvalenze) pregresse su azioni con i REDDITI DIVERSI (seconda componente). La seconda componente è però solitamente di entità molto più limitata rispetto alla prima componente.Un facile esempio può essere d’aiuto per comprendere meglio questo meccanismo:
Prezzo Acquisto dell’ETF=100
- Prezzo Vendita dell’ETF=110NAV del giorno di acquisto=101NAV del giorno di vendita=109
REDDITI DI CAPITALE=12,5%*(109-101)=1 Euro
REDDITI DIVERSI=12.5%*[(110-100)-(109-101)]=0,25 Euro
Le tasse totali da pagare in questo caso sarebbero REDDITI DI CAPITALE + REDDITI DIVERSI = 1,25 Euro. Se però l’investitore ha delle minusvalenze pregresse da recuperare i 0,25 Euro di REDDITI DIVERSI vanno in detrazione del monte minusvalenze e quindi paga al fisco solo 1 Euro di Redditi di Capitale. Per ulteriori approfondimenti sulla ripartizione tra REDDITI DIVERSI e REDDITI DI CAPITALE rimandiamo i lettori alla specifica sezione del sito di Borsa Italiana.
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