Un interessantissimo articolo tratto dal sito Fineco.it.
Gli etf possono essere considerati come degli strumenti di investimento“democratici”, in quanto permettono a chiunque, a prescindere dalle proprie conoscenze e disponibilità finanziarie, di attuare strategie anche complesse che fino a poco tempo fa erano riservate a pochi. Questo avvantaggia in modo significativo gli investitori privati che hanno la possibilità di avere un portafoglio ben diversificato semplicemente negoziando pochi etf, se opportunamente selezionati.
Ma bisogna considerare anche l’altro lato della medaglia. Dato che operare con gli etf è da un punto di vista puramente operativo sostanzialmente simile all’investimento nelle azioni, si potrebbe arrivare a “confondere” il ruolo dei fondi passivi all’interno del proprio portafoglio. Da un lato si potrebbe attribuire ad un etf sul mercato europeo lo stesso peso dato singola azione o dall’altro si potrebbe avere un portafoglio in cui l’esposizione verso un paese emergente è prossima a quella verso le società dei paesi avanzati. L’ampia proliferazione di fondi indice se da un lato ha allargato le potenzialità di investimento, dall’altro ha richiesto un maggiore impegno nello scelta, che provoca un accrescimento dei costi informativi (non tanto in termini monetari, quanto in termini di costo opportunità del tempo speso per mantenersi aggiornati e confrontare le diverse alternative).
Per arginare in parte questi problemi si può fare ricorso ad una strategia definita core-satellite. La rappresentazione in chiave spaziale è alquanto suggestiva: si immagini il portafoglio come se fosse costituito da un pianeta, la componente di rilevanza maggiore definita “core”, attorno al quale gravitano uno o più corpi minori, i satelliti. La componente core, in cui viene allocata la maggior parte del capitale investibile, è dedicata alla replica di un determinato benchmark, che per l’investitore della zona euro potrebbe essere rappresentato da un indice europeo; la scelta di questa componente dovrebbe mirare a limitare il turnover degli investimenti (che, aumentando i costi di transazione, riducono la performance totale) ed i costi informativi. La scelta della componente core è molto rilevante sia perché con il suo elevato peso condiziona molto il risultato totale del portafoglio, sia perché presuppone un orientamento al lungo periodo.
Diverso invece il ruolo dei satelliti, che invece rappresentano la componente attiva del portafoglio, su cui l’investitore effettua delle specifiche “scommesse” di orizzonte temporale anche limitato e su cui è rivolto il massimo sforzo informativo. I satelliti dovrebbero presentare una correlazione molto bassa con la componente principale, al fine di massimizzare i benefici di diversificazione.
Da un punto di vista finanziario si dice che la componente core determina il beta del portafoglio, ossia il rischio di mercato, mentre i satelliti determinano l’alfa, ossia la sovra o sotto performance rispetto all’indice core che è interamente legata alle capacità dell’investitore di valutare e selezionare i titoli o indici con un profilo rendimento/rischio più promettente.
Questa strategia permette quindi di “fare economia” sui costi informativi e di ottenere una maggiore diversificazione e trasparenza.
Operativamente la strategia core-satellite può essere realizzata in ottica statica o in ottica dinamica. Secondo la prima il peso del core rispetto ai satelliti è costante nel tempo, mentre nella seconda i “rapporti di forza” tra le due componenti possono variare in funzione delle proprie aspettative.
Se la prima modalità potrebbe consentire un risparmio in termini di costi di transazione, la seconda potrebbe generare extraprofitti tali da più che compensare l’aggravio di costi. Inoltre l’adozione dell’approccio dinamico meglio si adatta al processo di accumulazione del risparmio, che prevede che ogni persona accresca nel tempo le proprie risorse e che quindi debba decidere nel corso del tempo se investire mantenendo inalterati i pesi dei satelliti rispetto al core o se variarli.
Facciamo un esempio concreto.
Il grafico qui sotto rappresenta una strategia di investimento che punta per il 60% sul MSCI Europe Small Cap e per il 40% sul DJ Stoxx 50 avente inizio nel febbraio del 1999. La linea blu indica la strategia statica, ossia quella in cui l’esposizione rispetto ai due indici rimane costante, rispetto alla dinamica, linea rosa, in cui il peso di un indice aumenta in funzione della performance relativa di un indice rispetto all’altro: il peso dell’indice che ha offerto una performance migliore viene aumentato dello 0,05% nel mese successivo e così per tutti i mesi fino a gennaio 2007.
Grafico1: Confronto tra strategia Core-Satellite statica e dinamica su MSCI Europe Small Cap e DJ Stoxx 50.
Al fine di limitare i rischi valutari e l’operatività sulla componente core si dovrebbe scegliere di dedicare la parte più significativa del portafoglio ad un indice europeo, come il MSCI Europe TRN-DB (XMEU.MI), che rispetto agli altri etf legati al MSCI Europe prevede il reinvestimento delle cedole. I satelliti invece potrebbero essere rappresentati dagli indici americani o giapponesi, ed eventualmente da indici dei paesi emergenti. I satelliti però dovrebbero essere scelti valutando sia il profilo di rischio/rendimento, sia i costi informativi necessari: se è relativamente facile avere informazioni circa una singola società quotata in Italia, questo può non essere vero per listini o società estere, specie dei paesi emergenti (in particolare questi titoli, in quanto valutati con logica growth, non solo sono esposti al rischio reddituale, ma anche sono molto condizionati da fattori politici nazionali ed internazionali e dalle manovre monetarie attuate spesso dalle banche centrali per porre un freno alla corsa inflativa).
Gli etf possono essere considerati come degli strumenti di investimento“democratici”, in quanto permettono a chiunque, a prescindere dalle proprie conoscenze e disponibilità finanziarie, di attuare strategie anche complesse che fino a poco tempo fa erano riservate a pochi. Questo avvantaggia in modo significativo gli investitori privati che hanno la possibilità di avere un portafoglio ben diversificato semplicemente negoziando pochi etf, se opportunamente selezionati.
Ma bisogna considerare anche l’altro lato della medaglia. Dato che operare con gli etf è da un punto di vista puramente operativo sostanzialmente simile all’investimento nelle azioni, si potrebbe arrivare a “confondere” il ruolo dei fondi passivi all’interno del proprio portafoglio. Da un lato si potrebbe attribuire ad un etf sul mercato europeo lo stesso peso dato singola azione o dall’altro si potrebbe avere un portafoglio in cui l’esposizione verso un paese emergente è prossima a quella verso le società dei paesi avanzati. L’ampia proliferazione di fondi indice se da un lato ha allargato le potenzialità di investimento, dall’altro ha richiesto un maggiore impegno nello scelta, che provoca un accrescimento dei costi informativi (non tanto in termini monetari, quanto in termini di costo opportunità del tempo speso per mantenersi aggiornati e confrontare le diverse alternative).
Per arginare in parte questi problemi si può fare ricorso ad una strategia definita core-satellite. La rappresentazione in chiave spaziale è alquanto suggestiva: si immagini il portafoglio come se fosse costituito da un pianeta, la componente di rilevanza maggiore definita “core”, attorno al quale gravitano uno o più corpi minori, i satelliti. La componente core, in cui viene allocata la maggior parte del capitale investibile, è dedicata alla replica di un determinato benchmark, che per l’investitore della zona euro potrebbe essere rappresentato da un indice europeo; la scelta di questa componente dovrebbe mirare a limitare il turnover degli investimenti (che, aumentando i costi di transazione, riducono la performance totale) ed i costi informativi. La scelta della componente core è molto rilevante sia perché con il suo elevato peso condiziona molto il risultato totale del portafoglio, sia perché presuppone un orientamento al lungo periodo.
Diverso invece il ruolo dei satelliti, che invece rappresentano la componente attiva del portafoglio, su cui l’investitore effettua delle specifiche “scommesse” di orizzonte temporale anche limitato e su cui è rivolto il massimo sforzo informativo. I satelliti dovrebbero presentare una correlazione molto bassa con la componente principale, al fine di massimizzare i benefici di diversificazione.
Da un punto di vista finanziario si dice che la componente core determina il beta del portafoglio, ossia il rischio di mercato, mentre i satelliti determinano l’alfa, ossia la sovra o sotto performance rispetto all’indice core che è interamente legata alle capacità dell’investitore di valutare e selezionare i titoli o indici con un profilo rendimento/rischio più promettente.
Questa strategia permette quindi di “fare economia” sui costi informativi e di ottenere una maggiore diversificazione e trasparenza.
Operativamente la strategia core-satellite può essere realizzata in ottica statica o in ottica dinamica. Secondo la prima il peso del core rispetto ai satelliti è costante nel tempo, mentre nella seconda i “rapporti di forza” tra le due componenti possono variare in funzione delle proprie aspettative.
Se la prima modalità potrebbe consentire un risparmio in termini di costi di transazione, la seconda potrebbe generare extraprofitti tali da più che compensare l’aggravio di costi. Inoltre l’adozione dell’approccio dinamico meglio si adatta al processo di accumulazione del risparmio, che prevede che ogni persona accresca nel tempo le proprie risorse e che quindi debba decidere nel corso del tempo se investire mantenendo inalterati i pesi dei satelliti rispetto al core o se variarli.
Facciamo un esempio concreto.
Il grafico qui sotto rappresenta una strategia di investimento che punta per il 60% sul MSCI Europe Small Cap e per il 40% sul DJ Stoxx 50 avente inizio nel febbraio del 1999. La linea blu indica la strategia statica, ossia quella in cui l’esposizione rispetto ai due indici rimane costante, rispetto alla dinamica, linea rosa, in cui il peso di un indice aumenta in funzione della performance relativa di un indice rispetto all’altro: il peso dell’indice che ha offerto una performance migliore viene aumentato dello 0,05% nel mese successivo e così per tutti i mesi fino a gennaio 2007.
Grafico1: Confronto tra strategia Core-Satellite statica e dinamica su MSCI Europe Small Cap e DJ Stoxx 50.
Al fine di limitare i rischi valutari e l’operatività sulla componente core si dovrebbe scegliere di dedicare la parte più significativa del portafoglio ad un indice europeo, come il MSCI Europe TRN-DB (XMEU.MI), che rispetto agli altri etf legati al MSCI Europe prevede il reinvestimento delle cedole. I satelliti invece potrebbero essere rappresentati dagli indici americani o giapponesi, ed eventualmente da indici dei paesi emergenti. I satelliti però dovrebbero essere scelti valutando sia il profilo di rischio/rendimento, sia i costi informativi necessari: se è relativamente facile avere informazioni circa una singola società quotata in Italia, questo può non essere vero per listini o società estere, specie dei paesi emergenti (in particolare questi titoli, in quanto valutati con logica growth, non solo sono esposti al rischio reddituale, ma anche sono molto condizionati da fattori politici nazionali ed internazionali e dalle manovre monetarie attuate spesso dalle banche centrali per porre un freno alla corsa inflativa).
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